Villa Mosconi Bertani, dove è nato l’amarone della valpolicella

Tenuta Santa Maria di Gaetano Bertani, viaggio nella fiaba della valpolicella.

Villa Mosconi Bertani e Tenuta Santa Maria, dove è nato l’amarone della valpolicella. Questa è una di quelle visite in cantina che entrano di diritto nel catalogo degli “indimenticabili”.  È più giusto definirlo come viaggio fiabesco nell’enologia della Valpolicella. Villa Mosconi Bertani, nella piccola località di Novare nella frazione di Arbizzano di Negrar, è la dimora del romanticismo letterario  che si fa bello di un’architettura neoclassica per custodire secoli di storia veneta che sorseggiano elegantemente il frutto del loro incedere, l’Amarone della valpolicella.

Per raggiungere questo luogo è necessario abbandonare la provinciale che abbiamo percorso da Verona e deviare per  Negrar. Dopo pochi chilometri sulla destra una piccola strada sterrata ci conduce di fronte ad un giardino triangolare che apre il sipario a Villa Mosconi Bertani, in passato sede di importati salotti letterari e grandi nomi della letteratura italiana. Oggi sede della cantina Tenuta Santa Maria.

La storia, fascino e miti della villa Mosconi Bertani

Nel 1957 fu acquistata e ristrutturata dalla famiglia Bertani. Oggi Gaetano Bertani  continua il lavoro dei suoi predecessori mantenendo alto uno dei nomi del panorama vitivinicolo più antico d’Italia sotto l’egida della Tenuta Santa Maria. In questo viaggio abbiamo scoperto ogni singolo angolo della villa tenendoci per ultimo la degustazione dei vini.

La villa accoglie gli ospiti in una ampia sala neoclassica ( Sala delle Muse) con un soffitto adornato con una affresco ispirato alle quattro stagioni. Il riferimento è esplicito al vissuto della cantina. Nei secoli passati non era presente  un sistema di riscaldamento in grado di contrapporsi al freddo invernale. I proprietari erano costretti a vivere la residenza tra la primavera e l’autunno seguendo tutti i processi di vigna e cantina e godendo dello splendido giardino all’inglese posto  sul retro della villa nel periodo caldo dell’anno.

La struttura risiede su terreno di 22 ettari di cui 14 di vigneto, il tutto circondato da 3 chilometri di cinta muraria. Sul lato sinistro della sala delle muse si trovano delle stanza ancora arredate con mobili d’epoca e ritratti dei personaggi che hanno fatto e vissuto la storia della villa. Sul lato destro si accede alle cucine e agli ambienti vissuti da inservienti, cuochi e governanti che hanno soggiornato in compagnia dei proprietari. In questo luogo il palcoscenico è tutto a disposizione di una grande cucina con un immenso camino.

Il giardino delle favole

Tornando in sala sia accede da un porta finestra al giardino. Anche qui alcuni oggetti testimoniano il passaggio del tempo. Un vecchia voliera per uccelli riposa sul lato destro, di fronte a noi un maestoso cancello suddivide la villa dal vigneto e da un piccolo lago, alimentato sulle sorgenti della proprietà, su cui campeggia un isolotto raggiungibile da un ponte in legno. Davanti a questa visione si erge su una sponda del laghetto uno chalet che ricorda quelle fiabe svizzere ambientate tra verdi montagne. A colmare questi spazi c’è un  boschetto che offre aria e ombra, cui si alternano piante di cedro. Il taxodium in questo quadro diventa un valore aggiunto.  Per concludere fa capolino una antica ghiacciaia costruita nel finire del XVIII secolo e utilizzata fino alle metà del novecento.

Sulla destra del lago si fa largo con tutto il suo fascino un vigneto. Oltre il vigneto le colline ondulate forniscono movimento a questa immagine. La stessa immagine che vedete nella header del nostro blog ad omaggio della splendida esperienza.

La cantina dove fu coniato il termine Amarone

Facciamo dietro front e torniamo all’interno della villa per poi raggiungere sul lato destro della struttura le antiche cantine.  Il primo impianto risale al padre fondatore Giacomo Fattori nella seconda metà del 1700. Con l’arrivo della famiglia Trezza nei primi anni del novecento la cantina subisce una profonda opera di rinnovamento sia nella struttura che nelle attività enologiche. Nel 1957 la famiglia Bertani prende possesso di Villa Mosconi e la porta fino ai giorni nostri conferendo lustro e qualità.

Ventanni prima dell’arrivo degli attuali proprietari in queste cantine viene coniato il termine Amarone. La storia vuole che nel 1936 qui sia stato commesso il fatale errore che ha regalato al veneto e all’Italia uno dei suoi vini più pregiati. Camminare tra questi luoghi, respirare i profumi, toccare queste vecchie botti di legno ha un significato magico e simbolico tanto da renderci privilegiati di poter assaporare tanta storia.

Abbiamo avuto la percezione di un luogo curato nei minimi dettagli. Interni ed esterni mantenuti in ottimo stato. Tutto ciò ha reso la nostra passeggiata molto suggestiva.

Tenuta Santa Maria tra Arbizzano e Colognola ai colli

Oggi la villa e i vigneti sono stati inglobati nel marchio Tenuta Santa Maria di Gaetano Bertani . Oltre a questa proprietà la cantina possiede un’ulteriore residenza agricola di più di venti ettari di terreno a Colognola ai Colli. Su questi appezzamenti l’azienda dedica la produzione principalmente a Garganega dal quale si ricava il Soave DOC, Merlot e Chardonnay, ma anche Cabernet Franc, Syrah e Sauvignon blanc. Nella tenuta di Negrar invece si punta sui vitigni che andranno a comporre l’Amarone della Valpolicella Classico Superiore DOCG, il Valpolicella  Ripasso Superiore DOC e il Valpolicella Classico Superiore DOC.

In entrambe le tenute si possono trovare anche fino a 9.500 piante per ettaro con sistema a Guyot, forma di allevamento adottata fin dall’ottocento a testimonianza della predisposizione storica, culturale e tradizionale della famiglia Bertani nel fare vini di qualità.

La degustazione Tenuta Santa Maria

Per la degustazione della Tenuta Santa Maria abbiamo scelto un percorso in grado di fornirci un’ ampia panoramica sui grandi rossi della zona del classico della Valpolicella, allo stesso tempo avere un’idea dei bianchi di Soave e dell’approccio ai vitigni internazionali.

Lepia Soave DOC 2017. Iniziamo con questo Garganega coltivato nelle tenuta di Colognola ai colli. Il processo di raccolta delle uve avviene in  tre vendemmie  svolte  in tre tempi diversi da vigneti con basse rese. La prima raccolta è anticipata ad agosto, la seconda  a meta settembre,  la terza avviene a fine settembre. Si susseguono tre vinificazione diverse in acciaio, con assemblaggio verso la primavera. Il procedimento gli conferisce corpo, profumi e acidità derivanti da ogni singolo passaggio donando originalità a questo prodotto.

L’esame visivo riscontra un’intensità di colore tipica di un Soave Doc giovane. Nel giallo paglierino chiaro si dilungano dei leggeri riflessi verdi. Affascinanti le sensazioni odorose che salgono gradualmente con buona intensità regalando profumi  di frutta esotica e di frutta fresca  a polpa bianca cui si aggiungono molti fiori bianchi e gialli. La decisa mineralità tipica del territorio fanno di questo Garganega un Soave dal vestito elegante. In bocca non tradisce le aspettativa. L’acidità gli permette di resistere ancora al tempo ma non dispiace degustarlo in gioventù sfruttando un accenno fine di sapidità.  Al palato scalpita e lascia un retrogusto di mandorla giovane amara. Una degustazione che ci ha piacevolmente colpiti.

Terre Pieve 2016. Interessante questo Chardonnay in purezza che nasce dalla passione francese di Gaetano Bertani. Sono stati utilizzati tre cloni diversi per ottenere il Terre Pieve. Il 50% del raccolto viene affinato in barrique di quercia per  5 mesi e assemblato  successivamente con la parte affinata in acciaio. A questo punto avviene un secondo affinamento in acciaio per altri 180 giorni. Solo dopo ulteriori 4 mesi in bottiglia viene messo in commercio. L’utilizzo di quercia di Allier permette un impatto meno invadente su questo Chardonnay tanto che al momento dell’assemblaggio si denota un sostanziale equilibrio olfattivo e gustativo tra parte in legno e parte in acciaio.

Vengono rispettati i sentori primari del vitigno. Emergono note di mela, agrumi, ananas e gelsomino. La barrique invece gli dona una sensazione di vaniglia molto delicata abbinata ad un profumo di biscotto. In bocca il corpo si fa sentire. E’ un vino bianco senza fronzoli, con un buon carattere. Non ama stare in disparte. L’acidità ben presente senza essere arrogante. La persistenza retrolfattiva rende soddisfatti alla prima bevuta. Il nostro parere è che questo vino, già molto interessante, possa regalare sensazioni ancora più evolute lasciandolo in bottiglia un altro po’ di tempo.

Valpolicella Ripasso Classico Superiore DOC 2015:  Primo assaggio dei vini Tenuta Santa Maria nella zona del classico. Vino ottenuto dai vitigni Corvina, Corvinone e Rondinella. La prima fermentazione avviene per un mese a temperature controllate. La seconda avviene a febbraio quando il vino effettua il passaggio sulle bucce dell’amarone. Inizia quindi un affinamento in botti di quercia per 24 mesi. Tendenzialmente l’azienda usa il 30% del raccolto per preparare l’amarone e la restante uva per il valpolicella classico e il ripasso.

Alla luce si presenta di un color rosso rubino intenso. Buona la varietà aromatica che spazia da frutta matura, frutti di bosco, fiori rossi fino a sensazioni caramellate e speziate con noti avvolgenti di pepe e cannella. In bocca la morbidezza lo rende gradevole e non ostico alla bevuta. Il post deglutizione è di buona persistenza ma è la sensazione di fruttato in fin di bocca a renderci più felici. Insomma un ripasso che rispecchia la fantasia che ci eravamo fatti e che ci attendevamo.

Amarone della Valpolicella Classico Riserva DOCG 2012: Degustare l’amarone nelle cantine in cui fu scoperto non ha eguali. E questo amarone rende omaggio alla tradizione. Non sente il peso della responsabilità di rappresentare in questi luoghi un “must” della viticoltura italiana. Come anticipato vengono solo utilizzate le migliori uve della tenuta con una raccolta esclusiva a mano e appassite dai 4 ai 5 mesi. La fermentazione varia dai 25 ai 30 giorni mentre per l’affinamento in botti di rovere di Allier sono impiegati almeno 4 anni cui seguono altri 6 mesi in bottiglia. Mediamente l’amarone di Gaetano Bertani necessita di circa 5 anni prima di abbandonare la cantina ed essere messo in commercio.  Impieghiamo poco tempo per accorgerci che stiamo degustando un amarone nella sua infanzia. Questo vino ha ampi margini di invecchiamento e questo assaggio è servito a farci capire il potenziale del prodotto.

Visivamente ha un coloro rosso rubino scuro. Intenso, deciso, appariscente. Al naso si riflettono i profumi dei tre vitigni in modo molto pulito e netto. I profumi terziari iniziano a donargli complessità. Il tabacco spicca tra caffè e cioccolato. Intorno c’è diversa speziatura.  In bocca ha corpo. Un vino equilibrato dove il tannino è gradevole e l’acidità si fa sentire ma riesce ad amalgamarsi sul tutto il palato mostrando rotondità. Finale lungo. La retrolfattiva ci regala un vino che ama essere protagonista. Una amarone che dopo 6 anni già mostra il suo talento. Un vino da mettere in cantina. Lo riassaggeremo. Tra qualche anno. Una prelibatezza della Tenuta Santa Maria.

Decima Aurea 2008. Torniamo nella zona di Cognolola ai colli. Questo Merlot ha sulle spalle 10 anni e non nascondiamo che la degustazione ci ha reso particolarmente soddisfatti. Abbiamo assaggiato un vino che sprigiona il suo fascino. Una volta informati sul procedimento produttivo la curiosità ha fatto da padrona e anche le aspettative sono state alte.  Il Merlot utilizzato appartiene anche questo a tre cloni diversi. Il 40% dell’uva raccolta viene fatta appassire per un periodo di sei settimane al termine delle quali il vino da esso ottenuto viene assemblato al restante 60%. Successivamente prima di diventare Decima Aurea viene affinato in botti di quercia di Allier per ben 14 mesi.

Il vino inizia a presentare i primi splendidi riflessi granati. L’olfattiva è ricca, ampia, complessa.  Mirtilli, lampone e fiori rossi sono la piattaforma da cui partire. Attacca subito amarena e cioccolato. Sembra di annusare un Mon Cherì. Diverse note vegetali si alternano tra loro. Infine un sentore terroso, di sottobosco mischiato a funghi. In bocca è forte, deciso, ma equilibrato con una morbidezza tipica che deve avere un Merlot di 10 anni. Ha ancora un buon tannino e una vitale acidità accompagnati da un leggere sapidità. Un vino che bevuto adesso regala una degustazione di pregio, ma anche lasciarlo ancora in cantina potrebbe essere una soluzione interessante.

Conclusione

Breve resoconto della giornata. Ottimi vini che hanno reso prestigiosa la nostra escursione nella casa natale dell’amarone della valpolicella. Una tappa importante dell’enoturismo italiano.

Anche le cose belle hanno un termine. Una foto di rito con Gaetano Bertani nella tenuta Santa Maria. Un ringraziamento alla persona che ci ha accompagnati in questo viaggio con competenza e professionalità. Un salto al wine shop perchè non potevamo andarcene a mani vuote.

Prima di andar via abbiamo percorso di nuovo la strada che costeggia il giardino davanti alla villa. Un’ ultima sosta sulla parte più lontana dalla tenuta e una foto ad immortale un momento. Qualche secondo per fissare un ricordo. Qui, dove è nato l’Amarone, noi ci siamo stati.