Tenuta Uccellina. Spiccano il volo gli autoctoni romagnoli.

Tenuta Uccellina

Il nostro percorso di scoperta di nuove piccole grandi realtà fa tappa a Russi, in provincia di Ravenna. Qui troviamo Tenuta Uccellina, porta bandiera di una viticoltura incentrata sulla valorizzazione dell’autoctono locale. Scopriamo questa cantina accompagnati da Hermes Rusticali, titolare dell’azienda. La vita lo ha portato dai campi di calcio ai campi d’uva affiancando i genitori in questa impresa.

Non lo ha fatto certo in punta di piedi. E’ entrato a gamba tesa come un difensore vecchia maniera stile Giorgio Chiellini o se preferite Paolo Montero. Dopo aver attaccato gli scarpini al chiodo decide di difendere il progetto familiare ed espanderlo in cerca di trofei e lo fa partendo da una laurea in enologia che gli permette di fornire valore aggiunto non indifferente ad una realtà che già navigava con disinvoltura. “A 21 anni capiì che da lì a 7-8 anni non mi sarei visto calciatore. Decisi quindi di riprendere i miei studi e sostenere l’attività di famiglia”.

Tenuta Uccellina a cavallo dei due secoli

Oggi, a 28 anni, Hermes è un testimone importante del cambiamento aziendale. Una storia, quella di Tenuta Uccellina, lunga diverse generazioni ma che si reinventa ventanni fa. Quando il padre Alberto era un punto di riferimento per tutta l’area costiera in tema vino. Riforniva molti locali sul mare e la sua gamma girava esclusivamente su Sangiovese, Albana e qualche vitigno internazionale come il Pinot Nero.

“Dopo la crisi di fine anni novanta, mio padre capiì che la fisionomia doveva cambiare. Si doveva puntare di più sulla qualità proponendo etichette che rispecchiassero il territorio. Iniziò cosi l’avvicinamento al Longanesi e il famoso”. La crisi di fine secolo non era certo l’unico ostacolo ai vignaioli romagnoli. “Purtroppo per anni in Emilia Romagna si è pensato a fare vini massali. Che costassero poco e che fosse facilmente bevibili. Questa etichetta ce la portiamo ancora e non è facile farsi riconoscere a livello nazionale”.

Tenuta Uccellina cantina

Tenuta Uccellina si poggia su tre zone. Terreni in zona Russi, dove risiede la cantina, una piccola parte in località Brisighella, zona collinare, ed un ulteriore terreno a Bagnacavallo. Per un totale di 4,5 ettari.

In questi ultimi 20 anni due tappe hanno segnato il cammino di Tenuta Uccellina, ovvero la nascita del consorzio di Bagnacavallo nel 1998 e la ristrutturazione della cantina nel 2014.

Per approfondire la conoscenza del consorzio leggi il nostro articolo sul longanesi. In questa associazione la famiglia Rusticali è entrata fin dalle prime ore di vita, ed oggi, insieme ad altre pochissime realtà, è una delle più accanite sostenitrici. “Siamo entrati a far parte di questo progetto fin dalla sua nascita. Insieme ad altri produttori locali. E pensiamo che il consorzio sia un valido strumento per far conoscere il vitigno Longanesi in tutta Italia. E magari al di fuori dei nostri confini. Negli anni questa associazione ha portato ottimi risultati, ma possiamo ancora crescere.”

Fiducia incondizionata a Longanesi

E sul longanesi, che potete scoprire leggendo il nostro articolo, Tenuta Uccellina ha investito molto delle sue risorse e speranze. “La caratteristica più unica che rara del longanesi è quella di essere un vino rosso che si esprime molto bene in pianura. E nella nostra area di pianura ne abbiamo molta e avevamo bisogno proprio di un vitigno di questo tipo. Io ne sono particolarmente orgoglioso. E’ impensabile trovare un vino di questa potenza e di questo spessore, in una zona completamente pianeggiante. Storicamente questa zona era adibita a produzioni vitivinicole destinate al consumo di massa. Questa varietà, lavorata in una certa maniera, ci ha stravolto tutto. Per fortuna nel 1998 c’è stata una rivalutazione del Longanesi, e mio padre ha subito abbracciato la volontà di ottenere qualcosa di importante da questa uva”.

Un vitigno che richiede un lavoro particolare. La sua forza, il carattere devono essere addomesticati. Solo così se ne evidenzia il potenziale. Hermes Rusticali si ricorda che per arrivare a questo equilibrio sono state necessarie prove, errori, sconfitte ed infine il successo. “Inizialmente si lavorava un pò come una normale uva rossa. La varietà in questione ha però un apporto tannico veramente elevato. Per certi versi esuberante. Ricordo i primi anni ottenevamo dei vini che erano molto sgarbati. Era necessario trovare la giusta via per equilibrarlo. Inizialmente si era pensato all’utilizzo della barrique per addomesticarlo, ma dopo pochi anni siamo passati alla botte grande. Ma sicuramente ciò che ci ha aiutato di più è stata la tecnica dell’appassimento.”

Anni di lavoro e sperimentazioni che i viticoltori hanno portato avanti in simbiosi con il consorzio , come ci tiene a sottolineare il giovane enologo di Tenuta Uccellina “Il consorzio si è dotato di un disciplinare proprio che ci obbliga ad appassire almeno il 50% delle uve destinate al Burson etichetta nera. In aggiunta richiede un affinamento in legno di altri due anni. Ma noi di Tenuta uccellina per li Burson facciamo un appassimento del 100% dell’uva per un periodo che va dai 40 ai 50 giorni. E lasciamo il vino  in botte grande di legno per 48 mesi.

Da alcuni anni ci siamo dotati di un magazzino a temperature e umidità controllata, con strumenti di ultima generazione per eseguire queste operazioni.”

Burson Tenuta Uccellina

Il Burson di Tenuta Uccellina

Il risultato è vino straordinario nella sua unicità “Otteniamo un vino che mantiene comunque una bella acidità, molto secco ma soprattutto ha un lunga longevità. Abbiamo assaggiato poco tempo fa una bottiglia dell’annata 2005 ed era in splendida forma.”

Per soddisfare i nasi e i palati di degustatori che chiedono meno complessità e più bevibilità, il consorzio ha pensato, negli anni, di lavorare su una versione del Burson più pronta nel breve periodo. E che esaltasse il frutto limitandone l’impatto ostico in giovane età. Facciamo riferimento al Burson etichetta Blu. “Per il Burson etichetta blu facciamo una lavorazione che ci consente di ottenere più rapidamente un vino sicuramente meno impegnativo ma gradevole alla bevuta. In pratica facciamo una macerazione prefermentativa a freddo.

Dopo la raccolta mettiamo subito l’uva in vasca, abbattiamo la temperatura, lasciamo macerare con le bucce per tre giorni, dopodichè sviniamo. In questo modo non parte la vinificazione, è ancora mosto, e manteniamo le caratteristiche olfattive del vitigno ma senza presenza tannica. Da questa lavorazione otteniamo un 2/3 del vino che va in bottiglia. L’altro terzo lo otteniamo da una vinificazione normale. Questa combinazione permette di aggiungere al vino finale solo un terzo della carica tannica totale dell’intera uva.”.

Potete immaginare quanto sia forte la carica di questo vitigno, dato che solo un terzo dello stesso riesce a trasmettere le sue caratteristiche organolettiche.

Sempre al fianco del consorzio

Hermes chiarisce quali sono le speranze nel Longanesi per il consorzio “L’etichetta nera è stato pensato per diventare un grande vino. Il Burson Blu è nato qualche anno dopo, con l’intento di avere un vino per una bevuta più facile mantenendo vive le caratteristiche piacevoli del vitigno.”

Di fatto questa associazione, di pochissimi produttori, riveste un ruolo centrale nella zona. Cuce e ricama le diverse anime che comunque hanno lo stesso intento. Investire su un’uva che potrebbe portare unicità e ricercatezza in un’area in cui il mercato del vino di qualità non ha mai riconosciuto il lavoro dei vignaioli. “Il consorzio è composto da circa 12 produttori, ma solo 5 sono le cantine che sono posizionate sui mercati. Ad oggi è possibile immettere sugli stessi mercati circa 50 – 60 mila bottiglie a base longanesi. Noi di tenuta Uccellina ne produciamo 6600 di Burson etichetta nera e 4000 di etichetta blu”.

Mission Aziendale? Autoctono romagnolo

Ma Tenuta Uccellina non è solo Burson. La sua offerta ruota intorno ad altri vitigni che, come anticipato, hanno un profilo identitario fortemente territoriale e autoctono. Oltre al Longanesi, in catalogo c’è anche il Famoso, gli immancabili Albana e Sangiovese e , udite udite, il Cavecia. Mentre i primi due e l’ultimo trovano dimora nei vigneti di Russi, l’Albana e il sangiovese vengono coltivati nei terreni di Brisighella. Questa produzione porta in totale circa 30.000 targate Tenuta Uccellina.

Anche il Famoso ha come marchio la ristrettezza della produzione. Un vitigno antico che è stato soppiantato nel corso degli anni dalla concorrenza di uve che fossero più produttive, più facili da coltivare e più attraenti per il commercio di massa. E’ Conosciuto in romagna anche con il nome di Rambèla e la sua storia risale alla metà del XV scecolo, come riportato da documento Tabella del Dazio Comunale di Lugo del 1437: “Rambëla, uva da tavola venduta anticamente fresca sulle piazze”.

Hermes Rusticali non nasconde il suo entusiasmo verso questo prodotto .“Dal famoso stiamo ottenendo grandi soddisfazioni. E’ un’uva che non ha un grande spessore, in compenso ha una media struttura, povera, una buona acidità è un nota aromatica che la contraddistingue. Otteniamo un vino fresco, aromatico e piacevole. Si era pensato ad elevarne la struttura e il corpo con delle lavorazioni specifiche. Ma sono dell’idea che invece è necessario rispettare la natura di quest’uva. Senza per forza ottenere qualcosa di più pieno in degustazione. Lo vinifichiamo in purezza perchè siamo convinti della sua capacità.

Sul famoso facciamo tre raccolte. la prima anticipata, con al quale facciamo il vino spumante. La seconda , quella più cospicua, viene fatta a maturazione. La terza , piccolissima raccolta, in leggera sovramaturazione.

Ci siamo accorti che il Famoso ha un cambiamento olfattivo incredibile in base ai tempi di raccolta. Si parte da componenti floreali, per passare alla frutta ed infine giungere  alle note esotiche. in questo modo abbiamo preso tutta la componente  aromatica che mette a disposizione il vitigno. Nel Rambelà andiamo a combinare queste tre raccolte.”

Altra perla rara proposta da Tenuta Uccellina è la produzione dell’uva Cavecia. “Un vitigno antichissimo che veniva usato dai contadini per il vino destinato al consumo casalingo. Al momento non è registrato neanche al catalogo varietale nazionale anche se stanno iniziando gli iter di osservazione per il riconoscimento. Come per il Famoso , gli veniva preferito il Trebbiano. Noi facciamo una semplice lavorazione da uve bianche con diraspamento e pressatura soffice, vinificazione statica a freddo del mosto e fermentazione a temperatura controllata. Lieviti neutri che non invadono il prodotto dato che facciamo una rifermentazione che la caratterizza appieno. La particolarità è proprio questa rifermentazione in stile metodo classico.”

L’immancabile Albana DOCG

I terreni a Brisighella permettono a Tenuta Uccellina di posizionarsi nell’Albana di Romagna DOCG. Anche in questo caso la famiglia Rusticali sceglie una filosofia di altà qualità puntando sulla poca produzione che il poco terreno collinare gli concede. Hermes sottolinea che in Emilia Rogmana esistono tre linee di pensiero che ruotano intorno a questo vitigno e quando si decide di produrlo si abbraccia una di queste tre “ Noi sposiamo la linea che vede l’albana come un prodotto cui bisogna dare maggiore bevibilità e quindi andar incontro a raccolte leggermente precoci, limitando l’alcolicità ai 13% circa e sfruttando invece l’acidità che questo vitigno ne ha da vendere. A cui vengono dati seguito dei lunghi affinamenti per completarla in tutte le sue componenti.

Poi c’è una linea di pensiero che sposa appieno le caratteristiche dell’albana. Quindi raccolta delle uve a maturazione completa con uno sviluppo alcolico di 14- 14,5% e puntando sulla struttura, corpo e colore di questa varietà. Un vino veramente molto importante.

Allo stesso tempo sono nati prodotti propri come ad esempio l’ affinamento in anfora. Con l’intenzione di presentare qualcosa di innovativo”.

Una salita che non spaventa Tenuta Uccellina

La famiglia Rusticali è ben consapevole che la scalata verso l’alto di vitigni autoctoni in Emilia Romagna non ha strada facile come può avvenire in altre zone d’Italia, ma questo viene visto come una sfida e non come un impedimento. “Purtroppo la nostra tradizione è legata ai vini massali. Io me ne accorgo quando parlando con dei clienti fuori regioni mi fanno notare che le conoscenze della viticoltura regionale sono limitate appunto a questi prodotti.

Fortunatamente inizia ad esserci un po di fermento. Soprattutto nelle aree collinari. Soprattutto intorno all’albana si può costruire una nuova immagine della romagna. Ma è importante anche capire le differenze tra i vari sangiovese di romagna. Abbiamo tante zone in cui viene prodotto ed in ognuna ci sono delle particolarità.”

Vigna e cantina

L’area in cui insistono i terreni di Tenuta Rusticali ha una sua particolarità. Da un terreno pianeggiante vicino al mare alle zone collinare che portano verso il sud est che gli permette di sfruttare le caratteristiche dei diversi vitigni

Vigna Tenuta Uccellina

A differenza di quanto avviene per altre uve, il Longanesi ha bisogno di un terreni che, teoricamente, non si sposerebbe con i rossi. Quest’aera sembra invece perfetta per quest’uva. “Abbiamo la vigna di medio impasto vicino al fiume, molto morbida, mentre andando verso l’interno troviamo terreno con più presenza di argilla e quindi più duro.

Il terreno morbido ci aiuta a mitigare la forza del longanesi e a sfruttare l’ampiezza aromatica del famoso. L’area è comunque interessata da temperature alte e la piovosità nei periodi estivi è scarsa. In questa situazione la differenza la fa  volontà del produttore.”

Nella vigna e in cantina hanno pratiche che si portano avanti ormai da anni, rivisitate dall’ingresso in azienda di Hermes “L’area in cui ci troviamo e le condizioni pedoclimatiche ci hanno portato ad utilizzare in vigna una lotta integrata. In cantina cerchiamo di avere il massimo rispetto per le uve, con dosaggio di solforosa al limite del necessario ed in fase di diraspatura così da andarla a perdere. Infine il minimo indispensabile per la copertura in fine fermentazione.”.

Mercati e premi per Tenuta Uccellina

Tenuta Uccellina da ventanni si sta posizionando nel mercato italiano. Diverse le strade intraprese, senza dimenticare i vantaggi di far conoscere il proprio vino oltre i confini nazionale, ma soprattutto cercando di ottenere i riconoscimenti delle critica che, spesso, si tramutano in premi. “ Abbiamo lavorato i nostri prodotti in Giappone, attualmente abbiamo un importatore in nord Europa, Belgio, Danimarca e Germania. Per due anni sono stato in Cina e ho trovato dei contatti importanti. Oggi la componente estera cuba il 30% della mia vendita. Il 50% è indirizzato verso la ristorazione che può essere diretta o tramite distribuzione sia regionale che fuori regione.

Il resto delle vendita avviene tramite la cantina direttamente verso i nostri clienti. La critica invece da anni ci riconosce diversi premi , soprattutto sul Burson.” Tenuta Uccellin in effetti sale sul podio ormai annualmente nei concorsi Wine Hunter, `Gold“ al Gilbert & Gaillard International Challenge, Gran Medaglia d’Oro al Concours Mondial de Bruxelles , Decanter e la troviamo nelle prestigiose guida Ais.

vini Tenuta Uccellina

La Degustazione

Biribesch : Partiamo dal primo vino degustato. Si inizia da una bollicina con fermantazione in acciaio e rifermentazione in bottiglia. Prodotto ottenuto dal vitigno Cavecia, altro autoctono su cui l’azienda intende puntare. Un vitigno che in passato veniva utilizzato per il vino di consumo casalingo. Oggi se ne trovano pochissimi filari. Tenuta uccellina non fa eccezioni, la produzione è bassissima. Coltivato in una zona esclusivamente pianeggiante a circa 15 metri sul livello del mare alle porte di Faenza. Ha con se diverse caratteristiche del metodo classico, in particolare un bolla delicata e un leggero sentore di lieviti.

Dal colore giallo chiaro brillante con qualche riflesso verde, racchiude la sua identità aromatica tra gli agrumi, i fiori bianchi ed erba tagliata. In bocca il frizzante e la bassa alcolicità lo rendono vivace, di buona bevibilità. Aiutato anche da una struttura perfetta per un vino da aperitivo. La retrolfattiva agisce con discrezione lasciando palato , bocca e gola puliti e asettici, pronti per una nuova degustazione.

Famoso Tenuta UccellinaRambèla , Famoso Ravenna IGT: E subito passiamo ad un altro autoctono in pole position. Il Famoso. Degustazione che ci ha portato via diversi assaggi per poter identificare con chiarezza e nel dettaglio questo prodotto. Alla cieca probabilmente ingannerebbe diversi abili degustatori. Il rambèla è ottenuta da una vinificazione e fermentazione in acciaio. così da assumere connotati giovani, freschi, scalpitanti. Quasi esuberanti. Si presenta con un giallo paglierino acceso. All’inclinazione del calice spiccano evidenti riflessi verdognoli. Naso pieno, soddisfatto. Gelsomino e margherita fanno da apripista alla frutta esotica. In particolare ananas e papaya. Poi gli agrumi. Pompelmo rosa insieme ad un po’ di lime. Infine arriva la salvia e leggere note balsamiche.

No, non è gewurztraminer. E’ un vino meno famoso, o meglio è il Famoso lavorato con maestria. Se proprio vogliamo essere pignoli potremmo aggiungere che ha gli aspetti accattivanti del suo antagonista senza le sue controindicazioni. Ovvero l’abbinabilità. Infatti in bocca spicca la nota acida e fresca che ben limita la componente zuccherina, creando un bilanciamento sicuramente più adeguato al palato senza perdere morbidezza. Ne fanno un vino sicuramente più bevibile. Con il quale si può passare un serata davanti a una escalation di primi di mare. La retrolfattiva ha carattere. Non si nasconde. In compenso non risulta mai eccessiva. Le note restano prevalentemente floreali e agrumate, sostenute da una sapidità in fin di bocca che ne regola la permanenza. Il risultato è un finale equilibrato, piacevole, invitante.

Albana di Romagna DOCG. Annata 2020. Altro che vino giovane. Questo sa già il fatto suo. A prima vista un bel giallo paglierino intenso. Ma basta distenderlo sul calice ed ecco emergere i primi lineamenti dorati. Un Albana di buona densità, robusto. Al naso spicca soprattutto la mineralità .Tanta mineralità. Un prezioso sentore di breccia calda al sole estivo. Immancabili agrumi con note accentuate di lime e pompelmo rosa. Infine fiori bianchi di campo. Appena colti. Margherita in pole position. In bocca è corposo. Strutturato. Mai invadente nonostante una decisa acidità e soprattutto una sapidità che strappa attonimento. Quasi inaspettata.

Un vino che gioca sicuramente sulle note dure, e qui risiede la sua gioventù, declamando a chiari lettere buone capacità di invecchiamento. Il retrogusto post bevuta resta salato e acidulo con note minerali e agrumate, perdendo la delicatezza del fiore. Un media persistenza che gratifica la bevuta chiamando un altro sorso, ma con moderazione. Un compagno di viaggio a tavola che si presta a confrontarsi con una ampiezza di piatti che ruotano intorno al mare, alla sapidità del pesce ammorbidita dall’amido della pasta. Oppure azzardare una carne bianca.

Blu Di Burson. Assaggiamo l’annata 2019. Giovane. Ma già molto interessante. A calice fermo espone un rosso rubino intenso ma basta adagiarlo un pochino per trasformarlo in un rosso porpora acceso. La rotazione è agile ma il Longanesi si aggrappa con tutte le sue forze al bicchiere. Preludio di una densità mai nascosta. Al naso sprigiona una forte aroma di china. Mescolata a Rabarbaro, geranio e cardamomo. Una delicata frutta rossa che spazia tra il lampone e il mirtillo. Leggere folate balsamiche. In bocca si muove verso le componente dure. Molta acidità. E’ imperante. Il tannino è giovane ma risulta più discreto. La sapidità circa di fare da moderatore in una situazione complicata.

Tutto ciò lo rende un vino gradevole ma non del tutto facile. Un Burson che va dosato con parsimonia nonostante i suoi 12,5 gradi. Perchè la componente calda e alcolica si fa sentire. Alzando un pochino l’asticella della struttura. L’attacco è aspro e rilascia una gustosa retrolfattiva amarognola che stazione sulle note floreali e fruttate. Non molto lunga ma sicuramente molto franca. Polivalente negli abbinamenti. Potrebbe essere utilizzato con dei primi a base di carne o dei secondi che non richiedano una complessa lavorazione.

Burson Tenuta Uccellina

Burson etichetta nera 2009. Ebbene si. Dodici anni sulle spalle per questo vino che si presenta in ottima forma. Deve sgranchirsi un pò le gambe. Va lasciato nel calice e aspettato. Qualche rotazione di tanto in tanto per aiutarlo nel risveglio. E d’incanto emerge in tutto il suo splendore. A calice fermo ha una tonalità rossa scura, imbrunita. Invalicabile. Inclinandolo la luce gli dona un sorriso granato. Un granato scuro ma ben evidente.

Una volta tornato in vita l’intensità dei profumi attacca il naso a distanza. Non serve certo immergersi nel calice per capirne la fisionomia. E’ un’esplosioni di sentori che donano un profumo vintage ed elegante allo stesso tempo. Grande eleganza.  Impatto iniziale repentino di marmellata di ciliegie e amarene sotto spirito. Poi una delicatissima e maliziosa prugna a farsi spazio insieme al ribes nero. Non manca il mirtillo. Un mirtillo molto maturo. Caldo. Anche qui troviamo il rabarbaro e il cardamomo. Emergono anche note sparse di violetta. Lasciando traspirare il vino per ancora qualche minuto escono anche degli incantevoli  fiori essiccati che lo rendono affascinate.

Come per il Burson etichetta blu troviamo la china. Ma stavolta è meno definita perchè si mescola con la grafite, creando un binomio minerale bilanciato e di estrema finezza. Poi i terziari. Un botta ben fatta. La tostatura è delicata e sottile. Caffè e cioccolato creano una base calda su cui si adagia la vaniglia, la cannella e la radice di liquirizia.

Ma poi , aspettandolo ancora un pò, ecco che è arriva quella balsamicità che non ti aspetti. Erbe officinali e tè verde con punte di ginepro e alloro.

In bocca ha corpo e struttura in abbondanza. L’attacco è morbido ma poi non si risparmia in freschezza. Il tannino è vellutato ma non dimostra assolutamente l’età che ha. E’ un gioco di equilibri che permette alla bilancia di pendere seguendo il percorso del vino nel palato. Dimostrando quanto questo prodotto può ancora offrire nella sua evoluzione.

La retrolfattiva è franca, pulita. Ritroviamo tutto o quasi tutto ciò che il naso aveva scoperto. E’ un tutto che si propone nel corso della post gustativa. Emergono subito i frutti rossi e restano a lungo. Poi lasciano rapidamente il terreno ai terziari e alla balsamicità. Quest’ultima molla la presa poco dopo lasciando il palco al caffè, cioccolato e vaniglia. Disperdendo un pò la liquirizia. Il gioco che si crea con i frutti molto maturi lascia quel senso vintage di sapori genuini. Gradevoli. Affascinanti.

Una bevuta  lunga. Impegnativa. Da affrontare quando si è in forma perchè è un vino che richiede presenza mentale. Un’esperienza seducente. Pericolosa alla stesso tempo. Si , è meglio farla con l’etichetta davanti. Dove viene indicato a chiare lettere che si tratta di un Burson. E’ un velato consiglio a non fare scommesse ad occhi chiusi. Questo vino potrebbe mettervi in seria difficoltà.

Dorothea, Albana di Romagna passito 2006. Il vino passito che avrei sempre voluto assaggiare. Ed ogni volta che avvicinavo il calice mi chiedevo se fosse la degustazione giusta. Questo vino stava aspettando me da 15 anni. Ammetto che ho avuto delle esitazioni prima di aprirlo. Sapevo che questo prodotto è unico, non ce ne sono altri e mi chiedevo se era il caso di stapparlo oppure attendere ancora. Ho fantasticato sul momento migliore. Prima nel finire dell’estate. Poi ho posticipato in autunno. Infine ho optato per i primi freddi invernali. Scelta saggia.

Ho provato piacere nel versare questo nettare. La consistenza si captava nel trasferirlo dalla bottiglia al calice. Scendeva con densità e compattezza. Mantenendo chiaro e lucente il suo color oro acceso. L’ho lasciato respirare. Come mi sembrava giusto fare con un vino che da tre lustri riposava in quiete e calma. Ma già mentre osservavo il calice ad un buona distanza , giungevano dei delicati profumi zuccherini, vanigliati, di crema pasticcera. E così non ho saputo attendere e ho portato il calice al naso. Non troppo, più di un palmo.

Soave arriva una ventata di miele che sostiene i sentori che precedentemente mi avevano così invogliato. Poi una bellissima sensazione di frutta gialla essiccata. Emergono fragranze di pesca e albicocca matura, insieme ad una nitida buccia di arancia. Si percepiscono in modo netto anche i fiori appassiti. Ma il tutto resta molto delicato. Avvicinando ancora un pò il bicchiere, il naso viene accarezzato da una sensazione burrosa e una nota di castagna cotta. E tra i tanti profumi ecco che fa capolino il dattero insieme ad un leggero soffio mentolato.

In bocca mi aspettavo un vino dolce ma equilibrato. E questo ho trovato. Non è assolutamente un passito stucchevole. Anzi è uno di quei vini dolci che non stanca la bevuta. Grazie sicuramente ad una sapidità leggera ma presente e una acidità ancora in forze nonostante gli anni. Un equilibrio che questo genere di vini fa fatica a trovare e dove la necessità dell’abbinamento è quasi d’obbligo. Il passito di tenuta uccellina ha un bilanciamento che, oltre ad accompagnare pasticceria secca e formaggi, può essere degustato in solitaria, immergendosi in una degustazione meditativa.

La retrolfattiva è lunga. Senza se e senza ma. E’ decisa, netta, protagonista. Le note di burro, vaniglia e frutta essiccata restano molto nel palato. Accompagnano con gentilezza il passare del tempo, restando presenti e costanti. Si lasciano cadere senza andare in degradazione ma con una uscita di scena lenta e con discrezione.

Conclusione

Come sempre i nostri viaggi in cantina si concentrano verso produttori che hanno unicità e particolarità da poter condividere. Con Tenuta Uccellina, insieme ad Hermes Rusticali, abbiamo trovato molto di questi requisiti, cui si aggiunge la qualità e la competenza di un’azienda che coniuga vecchio e nuovo con semplicità. Continueremo a seguirla, sicuri del loro percorso di crescita.