Pietro Cassina. L’Alto Piemonte tra Lessona e Bramaterra.

Pietro CassinaPietro Cassina. L’Alto Piemonte tra Lessona e Bramaterra. Risalendo l’Italia del vino si giunge nei luoghi del Nebbiolo dove le Alpi creano un clima sui generis e dove il territorio si forgia dell’unicità esplosiva del super vulcano che milioni di anni fa ha scoperchiato il suolo fino a 25 km di profondità, da cui oggi affiorano strati di origine magmatica. L’Alto Piemonte, incastonato tra le provincie di Biella, Vercelli e Novara. In questo viaggio non potevamo farci che accompagnare da Pietro Cassina. Un viticoltore che ha saputo esprimere al meglio questa unicità, trasmettendo nei suoi vini l’esaltazione di un territorio che necessitava di una oculatezza e attenzione diversa rispetto alle altre aree regionali.

L’azienda vitivinicola si trova nel comune di Lessona, lungo la strada che porta alla frazione di Ratina Fiora.

Un anticipo

L’incontro con Pietro è stato un vero e proprio colpo di fortuna. Il carisma, l’amore per l’Alto Piemonte, la voglia di far conoscere il proprio territorio emerge ad ogni frase. Un viticoltore nuovo stile che mette al primo posto le sue radici. E si scoprono nuovi mondi. Nuovi progetti e nuove idee. Si inizia a parlare di vino e si finisce a parlare di sostenibilità, preservazione dei beni, tutela dell’acqua come bene prezioso, utilizzo del fotovoltaico in azienda, ricorso agli strumenti a km zero fino alla cantina gravitazionale. E alla fine dell’incontro ci domandiamo come sarebbe il settore vitivinicolo in Italia se ogni cantina adottasse una filosofia così a misura d’uomo.

Come sempre noi di Enoracolo preferiamo lasciare il racconto a chi il vino lo vive in prima persona, sicuri che le parole di Pietro Cassina arrivino meglio delle nostre.

L’Alto Piemonte di Pietro Cassina

E il racconto parte dal territorio, dal cuore. E perché quest’area è stata meno fortunata dei cugini delle Langhe e Roero. “Il Piemonte si è fermato per molto tempo. Ad inizio secolo scorso le intemperie e la Fillossera misero in ginocchio l’Alto Piemonte tanto da incrementare l’industria tessile che prese il sopravvento. Ci fu un secolo di quasi stasi nel produrre uve. Le persone si trasferirono nelle fabbriche lasciando in stato di abbandono i terreni, con conseguente avanzamento dei boschi. Negli ultimi ventanni c’è stato un rinascimento. Addirittura dall’estero sono arrivati investimenti per ricreare i vigneti. Di solito chi vuole il vigneto lo acquista già fatto, mentre nella nostra area devono essere costruiti da zero. I nostri terreni sono tutti frammentati e appartenenti a proprietari diversi, spesso difficilmente reperibili.”

Come tutto è iniziato , allo stesso modo finisce. Cosi anche le fortune del tessile.

“Possiamo dire che la crisi delle industrie tessili di ventanni fa, ci ha riportato alle origini. Così come posso testimoniare in prima persona.”

Questo ritorno in vigna non è stato per nulla indolore, anzi potremmo definirlo traumatico.

“Abbiamo dovuto ri-specializzarci in un settore quale quello vitivinicolo, e gli strumenti non li abbiamo sotto casa. Avevamo perso tutte le risorse per poterci dedicare alla cura dei vigneti e delle cantine”.

Un territorio unico

La storia degli ultimi 100 anni è stata sicuramente penalizzante per l’Alto Piemonte. Ma allargando la fascia temporale e tornando indietro di qualche era geologica, possiamo dire che la storia ha donato una risorsa unica a questi viticoltori, ovvero il terreno.

“C’è molta differenza tra i terreni dell’Alto Piemonte e del Basso Piemonte. Noi abbiamo terreni acidi, loro hanno terreni basici. Lessona in particolare ha uno dei terreni più acidi attestandosi ad un ph di 3.5, mentre la Langa ha circa il 6.8. La differenza la trovi nei vini. Possiamo vantare di avere terreni costituiti sul lavoro del super vulcano. Per fare degli esempi, la rosa biellese è considerata una delle rose migliori al mondo. Molto quotata. La rosa è una pianta acidofila, ha bisogno di terreni acidosi. Abbiamo una delle acque più leggera di Europa, con pochissimo residuo di sodio. Tutto ciò porta una grande differenza tra i vini delle Langhe e quelli dell’Alto Piemonte. E questo fa si che ogni importatore richieda la presenza di una cantina della nostra area.”

Un territorio così particolare e complesso dove è possibile trovare enormi differenze semplicemente spostandosi di pochi chilometri. “Abbiamo caratteristiche e comportamenti diversi tra la riva destra e la riva sinistra del Sesia. Da una parte c’è il Coste della Sesia , dall’altro il Colline Novaresi. Ma abbiamo due espressioni diverse. Nel caso in cui queste due DOC si dovessero fondere ci sarà sicuramente una differenziazione delle cantine. Non si acquisterà più un vino ma l’espressione di una cantina per quel vino.”

La forza di imporsi la qualità.

Il carattere dei vini dell’Alto Piemonte è dovuto anche all’impegno dei viticoltori che, riconoscendo l’autenticità del territorio e la complessità climatica, decidono di dotarsi di accorgimenti puntuali nella lavorazione in vigna e cantina. Pietro Cassina è uno dei più intransigenti. In particolare per quanto riguarda la produzione ad ettaro.

“ Mediamente si arriva a 60-70 quintali ad ettaro. Il disciplinare ci consente di arrivare fino a 100 quintali ad ettaro, ma sono veramente tanti, sono troppi. Io mi sono autoregolato con un disciplinare mio interno. Non supero mai i 40 quintali ad ettaro. Ho deciso di fare un diradamento a maggio – giugno. E’ un diradamento fatto con il cuore più che con la testa. Perchè ridurre la quantità di grappoli in Primavera significa non avere una ruota di scorta a Settembre. Ci sono aziende che il diradamento lo fanno a fine estate così da tutelarsi in caso di intemperie, ma chiaramente pagano in termini qualitativi. Chi dirada a Maggio – Giugno, ottiene delle uve sicuramente migliori ma si rischia di pagare cara tale scelta come accaduto nel 2020-2021 quando arrivò la grandine e fece disastri. ”

Il disciplinare di Pietro Cassina

Anche in cantina non si scherza, anche qui le regole che Pietro Cassina si è imposto sono ampiamente più restrittive rispetto a quelle del legislatore.

“Il Lessona per disciplinare impone 22 mesi complessivi di legno, acciaio e bottiglia prima che il vino possa essere messo sul mercato. Io mi sono imposto restrizioni più severe. Il mio vino solo di botte grande si affina tra i 3 anni e i 7 anni, oltre all’’affinamento in bottiglia. Il Nebbiolo è uno dei vitigni a bacca rossa più interessanti a livello mondiale. Il legislatore ha suggerito un affinamento minimo, una base sotto la quale non andare. Poi sta a noi capire se ciò è sufficiente”.

Il motivo per cui Pietro Cassina imposta elevati standard di qualità risiede nell’esigenza di dover convincere il degustatore alla prima occasione in cui assaggerà il suo Nebbiolo. Vietato sbagliare.

“Non tutti i nuovi degustatori danno una seconda possibilità. Quando offriamo un vino il degustatore si fa un’idea. E se rimane deluso probabilmente non acquisterà più il prodotto. Dobbiamo quindi essere sicuri che il nostro vino abbia raggiunto il massimo del suo splendore, e per farlo dobbiamo imporci regole che possono essere più ferree rispetto a quelle del Disciplinare dove abbiano come fine il raggiungimento di una migliore qualità.”

La longevità dell’Alto Piemonte

L’invecchiamento dei suoi vini e i lunghi anni di affinamento testimoniamo come il Nebbiolo in genere, ed in particolare quelle dell’Alto Piemonte, dia il meglio di se quando venga affinato per parecchio tempo.

“Abbiamo avuto la fortuna di assaggiare Nebbiolo dell’Alto Piemonte con decine di anni di invecchiamento. Con tappi che sono riusciti a mantenersi nel tempo. E abbiamo scoperto vini di grande longevità. Proprio grazie alle ultime innovazioni sui tappi potremo assaggiare vini con oltre 30 anni di invecchiamento. Ed il Nebbiolo si presta a questa impresa. Dovremo fare i conti con il fatto che il sughero sta scarseggiando e dobbiamo spostarci verso alternative anche più congeniali.”

Un passo in azienda

Chi pensa che sia tutto qui si sbaglia di grosso. Pietro Cassina ci fa entrare nella sua cantina e ci racconta come è strutturata in ogni minimo particolare. E scopriamo un’azienda giovane ed antesignana. Un’azienda che ha capito come determinate frontiere devono essere scavalcate e come il lavoro, la sostenibilità e l’etica sono diventate parte integrante di un progetto ben fatto.

“Siamo un’azienda di 7 ettari di proprietà. Cercheremo di arrivare a 10 nei prossimi anni, anche se c’è difficoltà nel reperire terreni. Per gran parte Nebbiolo, oltre a Vespolina ed Erbaluce. Cerchiamo di rispettare il più possibile l’ambiente. Come fertilizzante utilizziamo letame di cavallo, diradiamo molto, cerchiamo di mettere il minimo indispensabile di reti antigrandine. Sono brutte da guardare. Prediligiamo una vendemmia fatta a mano e con la cantina, vicinissima al vigneto, ci permette il trasferimento immediato delle uve per evitarne l’inizio del processo fermentativo . Abbiamo la fortuna di avere una forma del terreno del cascinale con un drenaggio naturale unico nella zona di Lessona. Il terreno è costituito da una sabbia Pliocenica acida”.

Come lavora in cantina

Pietro Cassina ha le sue idee, condivisibilissime, e non fa un passo indietro. “ Sono dell’idea che il vino si fa in vigna prima che in cantina. L’uva deve arrivare perfetta. Abbiamo una cantina costruita nel 2014 a gravità. Scomoda nell’utilizzarla perché costituita di più livelli ma ciò ha anche i suoi vantaggi. Per non stressare il vino passiamo ad ogni livello sottostante con pochissimo uso di pompe elettriche, ed in certi casi addirittura nulli. Utilizziamo vasche di acciaio a temperatura controllata per la vinificazione. La nostra fermentazione è spontanea. Cerchiamo di non filtrare il vino, travasandolo da una vasca all’altra e togliendo i sedimenti dal fondo. Quando riteniamo sia pulito lo facciamo defluire al terzo livello dove inizia il procedimento di affinamento in botti grandi di legno Austriaco e Svizzero (Stockinger) ”.

Un lavoro enorme. Un attenzione maniacale. Una cura verso ogni dettaglio del processo di lavorazione. Uno studio meticoloso che arriva fino alla corretta scelta delle botti per l’affinamento. Un scelta che andava controcorrente. Tanto da suscitare l’incredulità dei colleghi. A differenza della quasi totalità delle cantine del Piemonte, Pietro Cassina decide di affidare il suo vino a botti grandi di legno Austriaco e Svizzero.

Pionieristico per la zona di Lessona l’affinamento in botti di legno Austriaco e Svizzero

“Chi fa questo lavoro deve avere un po’ di pazzia e osare. A distanza di tempo lo dico con fierezza. Quando iniziai a sperimentare questi Roveri c’era scetticismo intorno a me. Anche coloro che mi vendettero le botti furono onesti, non sapevano come si sarebbero comportate con il Nebbiolo della mia zona. Feci da cavia. Oggi posso dire che l’esperimento ha portato i suoi frutti. Guardano i miei vini con curiosità, e da qualche bisbiglio, pare che qualche collega abbia iniziato a chiedere preventivi per tali Roveri…”

Il motivo di questa scelta dei legni è presto svelato.

“Il Nebbiolo non ha la necessità di legni che infondano un terziaro di vaniglia. Un Nebbiolo non dovrebbe avere questa necessità. Il legno è importante perché abbiamo bisogno di macro ossigenazione. I Roveri Austriaci e Svizzeri riescono in questo intento ma essendo neutrali non rilasciano invadenze olfattive permettendo comunque l’evoluzione del vino. ”

Insomma, i vini di Pietro Cassina sono una sommatoria di scelte e lavorazioni che l’azienda ha costruito e implementato negli anni. Fin dai primi tempi, quando davanti ai suoi occhi c’erano dei vecchi filari quasi in stato di abbandono.

La nascita della cantina

“Ho costruito la cantina da zero. E ho dovuto reimpiantare i vigneti, estirpando quelli esistenti di oltre 70 -80 anni di vita perché la larghezza dei filari era quella che permetteva solo al bue o al cavallo di passare per fare le varie lavorazioni . Ricordo che dopo aver estirpato le vecchie vigne per 5 anni abbiamo usato la tecnica del sovescio con la Soia per migliorare la struttura del terreno. Abbiamo fertilizzato con letame, preparato il terreno e poi di lotto in lotto abbiamo impianto i vitigni con allevamento a guyot e densità di circa 5.000 piante ad ettaro”.

I risultati non tardano ad arrivare. Cosi come le soddisfazioni. Soddisfazioni che provengono soprattutto dai mercati extra nazionali.

“Purtroppo è necessario rivolgersi all’estero. C’è molta uva in Italia e dobbiamo vendere al di fuori dei nostri confini. Si beve meno ma di qualità più alta rispetto al passato. Possiamo dire che due terzi del nostro prodotto viene esportato all’estero. Ci attestiamo sulle 30 mila bottiglie annue. Fortunatamente negli ultimi anni il territorio ci sta premiando. Nelle carte dei vini si possono trovare molti prodotti dell’Alto Piemonte, addirittura con liste dei vini dedicate ai vini del territorio. ”

Pietro Cassina

Tasto dolente e progetti

Fin dall’inizio sapevamo quale fosse il tasto dolente di Pietro Cassina “Amo la mia terra, ma noi non sappiamo comunicare. Dobbiamo lavorarci molto. Ho sempre detto che siamo i migliori al mondo nel non comunicare il proprio territorio, E non mi rivolgo solo al vino, ma anche alla cultura, alle tradizioni, all’arte, a tutto ciò che è Alto Piemonte”.

Ci sono progetti futuri. Idee che sposano sempre il connubio qualità – sostenibilità, ma con un’attenzione particolare all’etica.

“Mi piacerebbe dar lavoro a tante persone. Magari avere delle figure cui demandare delle funzioni specifiche. Per farlo dovrei aumentare la superficie. Ma non amo diventare una grossa cantina. Perchè perderei la poesia per dedicarmi alla sua conduzione. Il sarto e il falegname fanno dei pezzi unici. Così deve essere il viticoltore. L’Italia è sempre stata basata su tante piccole produzioni, e spero continui su tale strada. Dobbiamo permettere a queste piccole aziende di lavorare.”

La degustazione

Erbaluce Metodo classico. Un vitigno che si presta a molte lavorazioni. Di questo ne siamo assolutamente convinti. E il metodo classico non fa eccezione. L’azienda opta per una permanenza sui lieviti selezionati da un minimo di 24 mesi ad un massimo di 48 mesi. Il colore è giallo paglierino chiaro. Bollicine di grande finezza. Delicate. Al naso promette fiori bianchi, pesca, mela verde, sensazioni agrumate. Note evidenti di pane sfornato. In bocca la bollicina è gradevole, delicata. L’acidità attacca immediatamente il palato lasciando poi spazio ad una piacevole sapidità. Il retrogusto riporta note di frutta e note cremose. La persistenza non è propriamente lunga. L’effetto della freschezza tende a smaltire le fatiche del palato e prepara la bocca ad un nuovo sorso.

Severina. Coste della Sesia Nebbiolo Doc. Un vino per conoscere il Nebbiolo nella sua integrità senza intermediari. Fermentazione spontanea con macerazione di 7-10 giorni sulle fecce con frequenti rimontaggi e follature. Affinamento in vasche d’acciaio per 12 mesi. Più ulteriore affinamento in bottiglia prima dell’immissione sul mercato. Visivamente appare un colore rubino intenso, leggermente chiaro sul bordo. Al naso vincono i sentori vegetali e balsamici. Peperone in modo particolare. Importante presenza di violetta. Note sparse di frutti di bosco, ciliegia. Si percepiscono note delicate di pepe. In bocca la gioventù è ancora padrona. Un vino che fa del carattere una nota predominante. Acidità e sapidità sono in prima linea. Il retrogusto è deciso. Note di ciliegia e frutti di bosco misti a fiori sono discretamente lunghe. Un gioco di gusti e sapori che non risulta invadente.

Cai Daj Tass. Coste della Sesia Rosso. Ottenuto da uve Nebbiolo 100%. Stesso processo di vinificazione del Severina. Cambia l’affinamento. Il vino viene lasciato a maturare in botte ovali di 15-25 HL per poi passare in barrique per 12 mesi. Successivamente altri 12 mesi in bottiglia. Il colore ha sempre un cuore rosso rubino accesso. I riflessi iniziano a perdere l’accento rosso. I sentori, nonostante la barrique, gravitano intorno alla marasca, prugna, violetta, cardamomo e pepe. Non si percepiscono note terziarie diverse dalla speziatura. In bocca risulta molto più equilibrato rispetto al Severina. Soprattutto il tannino appare fin da subito meno irruento. La retrolfattiva è franca. Pulita. Quello che ha promesso mantiene. Piace il fatto di non restare troppo a lungo in fin di bocca. E che richiede una bevuta ma con moderazione.

Ciuèt. Coste della Sesia Nebbiolo DOC. Stesso processo di vinificazione del Severina e de Cai Daj Tass. Il vino viene lasciato a maturare in botte ovali di 15 HL per ben 21 mesi. Sentiamo un piccolo cambio di marcia rispetto ai precedenti. Il colore rimane su toni rosso rubino con un unghia lievemente granata. Al naso propone frutti rossi, rosa, violetta, peperone e un pizzico di balsamicità misto a pepe. Ma la differenza rispetto ai primi due è la gustativa. Si nota subito un vino più equilibrato. Un Nebbiolo che ha acquisito morbidezza nonostante le componenti dure siano ancora leggermente prevalenti. Il ritorno post gustativo è piacevolmente costituito da pepe e balsamicità. Ha una persistenza media che chiama la bevuta .

Pidrin. Lessona Doc. Anche qui troviamo un Nebbiolo 100%. Fermentazione spontanea con macerazione sulle bucce per 7-10 giorni ad una temperatura massima controllata sotto i 28° celsius, ripetendo circa due volte al giorno follature e rimontaggi. Affinamento in botti da 15 HL per 15 mesi. Colore rosso rubino non molto intenso con riflessi ancora più delicati. Naso importante. Sentori vegetali e balsamici che fanno da padrone. Poi ciliegia, fragolina di bosco, mora selvatica, ribes. I fiori ruotano intorno alla violetta e alla rosa canina. In questo vino inizia ad emergere una lieve nota minerale. In bocca spicca per eleganza. La degustazione è piacevole e delicata. Nessuna declinazione nella post gustativa. Vino Franco e Schietto cui necessita di equilibrarsi ulteriormente.

Tanzo. Lessona Doc. Ci siamo. Arriva il vino che ti aspetti. Un prodotto che ricorda come l’Alto Piemonte è fatto di straordinarietà. L’annata 2012 è l’ideale per scoprire un Nebbiolo di Lessona nel suo momento di maturazione. Affinato in botte di rovere Austriaco-Svizzero per 26-27 mesi. Rosso rubino con riflessi granati. Naso pulito, nitido. Violetta, peperone e ciliegia sono il trio di sentori più eclatanti. Bellissima balsamicità con note delicate di finocchio selvatico ed eucalipto. L’impatto della botte si limita ad un accenno di tostatura quasi impercettibile. Tutto ciò permette un delicato quanto affascinante profumo di mineralità.

In bocca il tannino è gradevole. Smorza i toni dell’acidità. Sale un po’ la sapidità, ma di pari passo avanza la morbidezza. É un vino che ha raggiunto un giusto equilibrio delle sue componenti con ancora qualche margine di miglioramento. La retrolfattiva è importante. Ritorni di frutta secca e balsamicità. Scompare la componente terziaria lasciando spazio a primari e secondari. Posta gustativa mediamente lunga. Non richiede la bevuta compulsiva.

Tera Russa. Coste della Sesia Vespolina DOC. Cambiamo registro e passiamo ad una Vespolina 100%. Fermentazione spontanea con macerazione sulle bucce per 7-10 giorni ad una temperatura massima controllata sotto i 28° celsius, ripetendo circa due volte al giorno follature e rimontaggi. Affinamento in botti da 15 HL per 15 mesi. Colore rosso rubino scarico. Bouquet aromatico vario, dalla ciliegia alla mora passando alla fragola. Rosa canina e ciclamino. Terziario più importante, con note di tostatura ben evidenti. In bocca la morbidezza è padrona di casa. Il tannino è ben levigato e l’acidità è un buon comprimario. La persistenza non è lunga e si ha una percezione dell’alcolicità maggiore rispetto ai vini precedenti, nonostante il grado alcolico dichiarato è di 13%.

Leo. Bramaterra Doc 2106. Ultimo vino in degustazione. Da Lessona ci spostiamo a Bramaterra. Costituito da Nebbiolo 80%, Vespolina 10%, Croatina 5%, Uva rara 5%. Affinamento in legno per 5 anni. Rosso rubino con unghia leggermente granata. Violetta e frutti rossi sono immancabili. Così come una componente vegetale a base peperone che sembra un marchio di fabbrica. Bellissima mineralità che fa da cornice al corredo aromatico. In bocca si sente che ha ancora molti anni davanti. Il tannino è ancora leggermente evidente. L’acidità ben presente, così come la sapidità. La retrolfattiva è lunga. Ritorni vegetali e balsamici. Inizia ad equilibrarsi ma è ancora presto. Un vino da aspettare perché promette veramente bene. Un vino per chi ha la pazienza di aspettare i grandi vini.

Conclusione

Un saluto che è un arrivederci. Vogliamo riassumere Pietro Cassina in una frase che egli stesso pronuncia con orgoglio. E che rispecchia il suo lavoro, l’amore per un vitigno, e la convinzione che l’Alto Piemonte possa ancora crescere molto. Ci congeda con quello che è diventato il suo motto .“Anche se me l’hanno copiata in tanti, io dico sempre che NON FACCIO VINO: FACCIO NEBBIOLO!”.