Angelo Negro, Roero e non solo

Angelo Negro
Angelo Negro

Angelo Negro, Roero e non solo. Non capita spesso di affrontare il nebbiolo attraverso un viaggio itinerante tra Roero, Barolo e Barbaresco. Non è facile affrontare questi territori in un colpo solo. L’occasione ghiotta capita quanto incontriamo sul nostro cammino Giuseppe Negro. Uno degli attuali proprietari dell’azienda Angelo Negro ci ha fornito la chiave per entrare nel suo mondo vitivinicolo, raccontando storie e aneddoti, fatiche e progetti, gioie e speranze.

Abbiamo deciso di  lasciare voce al vino, così come spesso abbiamo fatto, così come da copione, o meglio perché Enoracolo nasce per dare voce al vino come vero ed unico protagonista. Basiamo questa nostra pagina del diario come una forma di intervista, ponendo delle domande a Giuseppe Negro dalle cui risposte ripercorreremo 3 secoli di storia della cantina. Un’ intervista integrale perché è così che è andata, una giornata lunga un colloquio che trascriviamo in ogni singola parola partendo da Monteu Roero dove l’azienda ha iniziato il suo cammino.

Famiglia

La cantina Angelo Negro ha fatto la storia del Roero.

C’è un documento di estratto terreni registrato in comune che testimonia la storicità di tutte le famiglie del Roero. La mia famiglia nel 1670 ha comprato un terreno per 7 denari e questo atto di compravendita è stato registrato. Possiamo vantare che esistiamo da 3 secoli. La prima generazione che si è focalizzata sulla viticoltura risponde a mio nonno Angelo dalle quale prende il nome l’azienda. Prima eravamo un’azienda agricola e coltivavamo frutta avevamo gli animali da cortile e stalla.  Mio nonno ha lasciato l’attività a mio padre e mio zio il quale segui la vocazione e divenne prete. Oggi, quindi, io e i miei tre fratelli siamo l’ultima generazione a portare avanti il progetto di mio nonno.

Il primo fratello gestisce i vigneti, il secondo è un dottore enologo ed io e mia sorella ci occupiamo delle vendite lavorando solo in Ho.Re.Ca e non in GDO. Oggi Angelo Negro ha circa 40 dipendenti fissi per 100 ettari di proprietà.

Perché e quando è avvenuta la trasformazione puntando su tre territori?

Fino al 1997 eravamo solo in Roero con una versione bianca e una rossa. Nel 1999 per amore del Barbaresco mio padre ha acquistato i terreni  Neive, chiudendo il cerchio nel 2012 allargandoci anche a Serralunga d’alba ed entrare nella produzione del Barolo. Su questi comuni noi abbiamo tre cantine indipendenti.

Lavoriamo  solo vitigni autoctoni. L’uva bianca al 95% è Arneis e una piccola parte di Favorita e Moscato. L’80% dell’uva rossa è nebbiolo, dal quale appunto ricaviamo Roero, Barbaresco e Barolo. Oltre a questi abbiamo il Barbera D’alba, e siccome non seguiamo le mode ma solo ciò che ci piace abbiamo anche un produzione di Brachetto. Un vino un po’ demodè rovinato dall’industria ma come tutti gli altri vini se lo fai bene è un grande prodotto. Nel 1985 abbiamo iniziato a produrre bollicine, quando la moda non andava in quella direzione, una di nebbiolo e una di Arneis di cui quest’ultima anche una versione a dosaggio zero.

L’arneis rimane uno dei vini bianchi di punta dell’azienda. Quale è il suo potenziale oggi?

Il consorzio Roero è nato nel 2014. Arriveremo a 6 milioni di bottiglie come DOCG Roero Arneis, con il Roero rosso stiamo arrivando alle 700.000 bottiglie. Sta crescendo molto la denominazione. Addirittura con l’Arneis facciamo sia il tradizionale che il metodo classico così come un passito e non solo perché facciamo anche un 7 anni di bottiglia prima di uscire sul mercato.

Come vengono premiati dal mercato i vini di Angelo Negro?

Il Barolo in Italia ne parlano tutti ma in pochi lo comprano. Il barolo viene venduto molto più facilmente all’estero.  E’ un vino straordinario e di grande piacevolezza. Il barbaresco è visto come un vino importante ed elegante. Il Roero invece viene visto come opportunità.  E’ una denominazione più piccola, è meno conosciuta, e soddisfa gli interessi di coloro che cercano le particolarità.  E’ difficile trovare aziende nel Roero che non facciano vino di qualità. La denominazione è talmente piccola e la produzione è così bassa che per forza di cose si fa vino buono.

Angelo Nego ha fatto della tradizione il proprio punto di forza anche nei periodi in cui gli innovatori sembravano aver messo in crisi il mercato.

Grazie al cielo oggi i giovani sono più interessati al Barolo vecchio stile. Una moda che è finita nel 2004 quando appunto il mercato è tornato a volere vini senza muscoli ma più eleganti.  Noi , come detto, non seguiamo le mode. Su questo io sono contento perché la mia azienda è tradizionale e lo è sempre stata. Ricordo che per 7 anni i giornalisti ci escludevano, non eravamo considerati. Per fortuna abbiamo mantenuto la rotta senza modificare il nostro stile perché oggi questa cosa ci viene ripagata, proprio perché non siamo scesi a compromessi.

Cantina

Come avete affrontato l’ingresso nel mondo del Barolo nel 2012?

Noi abbiamo sempre lavorato con passione infinita con grande umiltà e serenità. Non ci pesa. Facciamo una settimana l’anno di vacanza a turno perchè amiamo ciò che facciamo. Certo la denominazione Barolo ci ha aiutato. Con la stessa fatica e lo stesso impegno il mercato ci ha subito premiato in modo incredibile. La scelta di impegnarsi nel barolo è stata oculata e studiata. Era da 12 anni che intendevamo espanderci in questa DOCG e non abbiamo lasciato nulla al caso. Un’azienda storica come la nostra non può fare errori.  Sono stati passi lenti, siamo stati slow, in Piemonte niente è fast.

In questi anni abbiamo fatto studi e ricerche fino a selezionare due zone, la prima era Serralunga, la seconda era Monforte.  Stavamo perdendo le speranze quando è uscita l’occasione. Abbiamo rilevato una cantina di un ettaro e mezzo solo dopo aver analizzato terreni e possibilità.  Qui potevamo ottenere dei Barolo eterni, strutturati e complessi. La nostra intenzione è chiaramente quella di ampliare i terreni ma ricordo che siamo sempre slow ed anzi a Serralunga D’alba le cose sono ancora più slow. Ogni cambiamento è un trama, una rivoluzione.

Quali sono le annate che al momento stanno dando più soddisfazioni in termini di qualità del prodotto?

Il Barolo 2015 è l’annata che ci ha dato più soddisfazione ma anticipo che la 2016 sarà da manicomio e addirittura la 2018 sarà stratosferica. Un po’ perché abbiamo preso confidenza con i terreni e un po’ perché abbiamo preso confidenza con il vitigno ma soprattutto perché le annate 2016 e 2018 passeranno alla storia come tra le migliori degli ultimi 20 anni.

Situazione diversa per il Barbaresco. Nel 2017 abbiamo subito una grandine che massacrato le vigne di Neive. Noi tutto il Barbaresco lo abbiamo declassato a Langhe nebbiolo perché secondo noi non era adatta a creare un Barbaresco all’altezza del nome mentre poteva dare ottimi risultati con un’altra denominazione.

Ci teniamo a dire che la vigna è completamente biologica. L’unico problema è il vento di questa zona così come tutti gli eccessi. Tra le annate migliori registriamo sicuramente il 2001 , 2004 e 2010 cui si aggiunge il 2015.

Il Roero è un piccola denominazione, un cugino povero che si sta arricchendo negli ultimi anni.

Il Roero ha un territorio che a livello turistico le langhe si sognano. Abbiamo delle rocche che sono un fenomeno erosivo straordinario tra i quali è possibile fare passeggiate a cavallo o a piedi tra paesaggi magnifici. A livello di viticoltura possiamo vantare di poter avere vitigni a bacca bianca e rossa sulle stesse colline. Un terreno che offre molta sapidità che si ritrova nei vini, soprattutto i rossi. Inoltre l’Arneis offre moltissime possibilità. Noi otteniamo vini fermi, bollicine e passito, ma soprattutto molta mineralità sia la naso che in bocca.

Purtroppo fino a 15 anni fa gli agricoltori si accontentavano di produrre uva e venderla altrove.  Non sono stati mai creati marchi. C’è molto da fare e tante possibilità per questo tipo di imprenditoria. In termini aziendali posso dire che il discorso è molto semplice, con l’uva bianca abbiamo tante soddisfazioni, una volta raccolta a settembre si riesce a vinificarla e vendere tutte le bottiglie entro luglio. Questo reddito deve essere investito sul rosso, ovvero fare business sul bianco e investire sul rosso. Questa è la nostra filosofia.

Angelo Negro continua a crescere, quali sono i prossimi progetti in cantiere?

Stiamo ristrutturando un casotto sulla colline denominato Ciabot San Giorgio appartenuto a mio bisnonno. Sembra una piramide con questa piccola struttura nel punto più alto dove nel 1100 sorgeva un castello con dentro una pieve dedicata a San Giorgio che successivamente fu completamente demolito. Queste proprietà furono donate ai miei zii che le abbandonarono per trasferissi a lavorare a Torino. Mio padre impiegò 18 anni per ricomprarle dai cugini nel 2007. Abbiamo reimpiantato tutta vigna e ristruttureremo il casotto per creare un locale da aperitivo estivo.

Quattro i vini in degustazione per avere un’idea della linea Angelo Negro.

Degustazione

Maria Elisa Rosè Metodo Classico. Un metodo classico di  nebbiolo in purezza vendemmia 2010 con sboccatura 2018. Uve proveniente dai territori del Roero a 300 metri sul livello del mare con esposizione a nord e nord – ovest. Prima di arrivare sulle nostre tavole questo vino ha fatto un affinamento sui lieviti con batonnage di 6 mesi più successivi  82 mesi sur lies. Colore rosa buccia di cipolla molto intenso.

La bollicina è fine,elegante e di lunga persistenza.  Al naso ammalia per i profumi del frutto croccante con note accese di melograno e violetta. Splendido il profumo pulito e netto della crosta di pane cui fa da piattaforma a sensazioni delicate di vegetali il tutto racchiuso da una elegante accenno di pepe. In sottofondo emerge un’ essenza ferrosa e  minerale regalando una bellissima complessità olfattiva. In bocca la bollicina conferma la sua eleganza. La freschezza lo rende vivace ma senza incidere oltre il dovuto. La sapidità ci riporta in bocca la memoria della mineralità che abbiamo anticipato al naso.

Resta un metodo classico di bella struttura e corpo. Un nebbiolo spumantizzato che ama essere presente, protagonista e mai comprimario. La retrolfattiva non è lunga, ma in compenso lascia un palato completamente nitido. Conferma che il nebbiolo metodo classico regala prodotti di alta qualità e questo è sicuramente uno dei prodotti di punta dell’azienda Angelo Negro.

Dina Barbera D’Alba 2017.  Sempre dal cuore del Roero proviamo questo Barbera in purezza di Angelo Negro.  Coltivato sui terreni esposti a sud e sud-ovest prevalentemente argillosi con venature di sabbia su impianti a guyot. Il vino fa un affinamento di circa 10 mesi di cui una piccola parte in botti di legno grande. L’analisi olfattiva registra profumi freschi e giovani. Molta prugna, marasca e mirtillo ma anche rosa canina e sensazioni vegetali. In lontananza una simpatica nota di ramoscello di olivo e pepe nero il tutto intriso da una timida vaniglia. Una olfattiva che gioca molto sulla vivacità e spensieratezza del bevuta. Stessa spensieratezza che ritroviamo in bocca. Un vino fresco, gioviale. Il tannino non è invadente tanto da renderlo discretamente equilibrato bilanciando quelle componenti morbide che ne invitano la bevuta. La persistenza non è lunga e questo lo rende particolarmente accattivante.

Angelin Langhe Nebbiolo 2017. Nel calice l’annata disgraziata del Barbaresco. Quella fatidica 2017 che ha costretto l’azienda a non uscire sul mercato con la DOCG in pieno rispetto della filosofia Angelo Negro. Ma incredibilmente da un male è nato bene. Perché il rovescio della medaglia è che ne è nata una DOC Langhe molto interessante.  Un veloce passaggio in legno per questo nebbiolo in purezza che si presenta di un bel rosso rubino.

Al naso entusiasma per la freschezza dei profumi. Il bouquet ruota attorno alla violetta, l’amarena, il mirtillo e la rosa canina. Frutti e fiori molto freschi, appena raccolti. Ad evidenziare questa gioventù fa da soppalco la sensazione mentolata e balsamica tra le quali emerge un chiaro sentore di rabarbaro. Sul finale emerge con discrezione una nota minerale. In bocca l’acidità è sostenuta. Giustamente tannico e sufficientemente equilibrato. Deve e può ancora invecchiare per affinare il palato. Sicuramente una opportunità, un Langhe nebbiolo al di sopra della media.

Barolo 2014. Lo ammettiamo, abbiamo commesso un infanticidio. Un vino bevuto in tenera età, ma almeno ci siamo fatti un’idea di cosa ci aspetta tra qualche anno. Iniziamo ricordando la provenienza di queste uve. Comune di Serralunga D’Alba con altezza che varia tra i 300 e i 400 metri su suoli di origine miocenica- elveziana, bianco, calcareo e marnoso. Ovviamente sistema di allevamento a Guyot. In cantina si pratica una macerazione tradizionale per circa 20 giorni con delestage. L’affinamento è di  38 mesi tra botti di rovere di slavonia e bottiglia.

Il primo impatto olfattivo registra la viola e una rosa rossa appassita insieme ad una tenue mora selvatica. Risulta subito al naso un spiccato ritorno balsamico con note eteree.  Non serve prestare attenzione per riconoscere immediatamente dei sentori di vaniglia e radice di liquirizia mischiati al sottobosco. Un vino di bella struttura, con un corpo deciso. La freschezza non si fa pregare e il tannino inizia a levigarsi. In bocca risulta ancora molto deciso. La persistenza ne conferma la potenza. Troviamo che questo Barolo possa acquisire ancora più eleganza con il passare del tempo. Da mettere in cantina e assaggiare tra qualche anno. In  questo prodotto c’è tutta la tradizione targata Angelo Negro.

Conclusione

Non possiamo parlare di una scoperta ma di un conferma di una delle cantine più interessanti del Roero. Sia per quanto riguarda le modalità operative che per la qualità dei vini. Chiudiamo l’articolo in modo insolito, ovvero lasciandovi una slide della bellezza di questi territori e della cantina Angelo Negro così da mostrarvi un sorso di Roero.